Fernando Mangone Sito Ufficiale

NELL’ARISTOCRATICA “TENUTA FORCELLA” L’ARTISTA DI ALTAVILLA DISPIEGA IL SUO NUOVO CONCETTO DI NATURA E TERRITORIO

di Luciano Carini

Lo sfondo su cui sta nascendo l’avveniristico Museo di Fernando Alfonso Mangone è un’antica dimora aristocratica dell’ottocento situata in un enorme e meraviglioso parco di oltre quaranta ettari. Al suo interno, oltre alla succesiva e moderna costruzione dedicata al Museo, troviamo la residenza nobiliare, bellissima villa-palazzo che, nelle forme e nella struttura sembra richiamare l’imagine del castello medioevale, una storica e graziosa chiesetta dedicata alle funzioni religiose riservate alla nobile famiglia, e poi una grande “stalla” dove i dipendenti si dedicavano all’allevamento di animali indispensabili all’economia rurale del periodo.

Luogo stupendo, dove il tempo sembra essersi fermato e dove la storia si incontra con la natura perpetuando un dialogo iniziato migliaia e migliaia di anni fa. Sullo sfondo, dove termina la collina, ecco apparire, in tutta la loro bellezza e il loro splendore, la catena dei Monti Alburni, conosciuti anche come le dolomiti campane: montagne dal colore bianchissimo dove il fascino della mitologia e dei Titani si unisce al mistero delle grotte e delle divinità rupestri, dove campeggia in tutta la sua fierezza “Antece”, l’antico Dio Guerriero del Cilento, dove vagano, liberi e indisturbati, gli animali del territorio: cinghiali, volpi, caprioli, lepri e tassi e poi, più a valle, frotte di cani randagi riuniti a gruppi e ormai inselvatichiti. Alfonso Mangone conosce benissimo questo territorio, lo ama e lo frequenta giornalmente e non teme i cani randagi, li tocca, li accarezza e li chiama per nome, perché anche lui è stato un randagio: randagio e giramondo per l’Italia e per l’Europa per amore dell’arte, per inseguire i suoi sogni e portare ovunque la sua fantasia e creatività.

Ecco perché, questa volta, l’attenzione del nostro artista si è rivolta proprio alla grande “stalla” della storica tenuta: per rendere omaggio alla terra e agli animali, per richiamare l’attenzione dei visitatori sulla grande tematica ambientale e il rispetto dell’equilibrio naturale. E così quest’ambiente umile e dimesso, destinato alla cura e all’allevamento del bestiame, ora abbandonato e dimenticato, è tornato improvvisamente a nuova vita, acquistando dignità e prestigio artistico. Sul perimetro esterno della grande struttura, su un fondale reso nerissimo e simile ad una grande pellicola o rullo fotografico, Alfonso Mangone traccia le sue storie e i suoi racconti tutti ispirati alla natura e agli animali. E sono tutti animali del territorio, fedeli e storici testimoni della vita e del passare del tempo, custodi inconsci di fatti ed avvenimenti. Accanto agli animali, poi, le loro tracce, le loro orme, i loro percorsi. Ma questi segni e queste impronte si vestono anche di un importante valore simbolico: sono i segni di un cammino e di una ricerca, la rappresentazione reale e concreta della vita e dell’esistenza, delle difficoltà e delle esperienze, ma anche della strada ritrovata per tornare finalmente a casa, al riparo dai pericoli e dagli imprevisti.

Come sempre, veramente straordinaria l’esecuzione dell’artista perché libera, spontanea, fresca e immediata, percorsa dal gesto, dalla vita e dal movimento. Centinaia e migliaia di metri quadri di superficie coperti dalle sue grandi opere e dagli immensi murales per raccontare la storia, le origini del territorio, il trascorrere lento e inesorabile dei secoli. E allora, sul nero profondo del grande muro, splendono i bianchi di Alfonso Mangone e poi i rossi e i gialli che tracciano forme, sagome e volumi. E’ il racconto meraviglioso della natura, il disegno magico della vita e del tempo che fugge cambiando destini e stili di vita. E’, ancora, la forza straordinaria dell’arte e dell’artista capace di fermare il tempo  e creare le antiche atmosfere.

Un Museo innovativo e rivoluzionario, dicevo all’inizio, che esce dalle consuete strutture architettoniche e invade gli spazi circostanti, portando in tutta quanta l’ampia e nobile tenuta, una ventata di novità e giustificato stupore.  Un “work in progress” in continuo sviluppo ed evoluzione, perché capace di autoalimentarsi prendendo spunto e riferimento da tutto ciò che lo circonda, in un divenire infinito, senza limiti né confini.